domenica 26 dicembre 2010

20b

Giovedì mattina lui è partito per l’Italia d’urgenza. I suoi genitori sono stati ricoverati in ospedale e lui deve andare a prendersi cura di loro.
“Forse è la mia occasione” ho pensato, “andare in Italia anch’io e stargli vicino, fargli capire che ho capito quali sono le cose importanti e che adesso sono disposta a tornare in anticipo per fargli sentire quanto ci tengo a lui.”
Mi sono interrogata tutto il giorno sul da farsi. Il primo volo era sabato e avrei in caso dovuto comprarlo. Giovedì sera ho incontrato Andrea in chat. Secondo lui sarei dovuta partire sabato. “Si vuole una che ci sia” mi disse. Ma secondo Bianca non mi sarebbe cambiato di nulla, era inutile andare là tre giorni prima in un periodo in cui lui comunque non aveva tempo per nessuno. Non avrebbe cambiato le cose.
Venerdì sera dovevo vedermi con Eva. Ancora non avevo preso una decisione sul da farsi, ed era ora di uscire di casa. Avevo appena sentito Bianca su Skype. “Chiedi anche a Eva cosa ne pensa quando la vedi”. Ma non serviva vederla per sapere che mi avrebbe detto di non partire.
Alzai gli occhi al cielo. “Papà… Sento che devo andare, che in cuor mio ho bisogno di andare, mi sembra un’opportunità in più che mi è stata data e non la voglio sprecare. Ma se pochi mi danno ragione, i più dicono che è inutile, forse perché riescono a vedere più in là di me. Dimmelo tu, papà, cosa fare, perché io non ne ho idea e ho paura di sbagliare di nuovo.”
Con questi pensieri uscii di casa. Ero arrivata in quel quartiere la notte prima con un taxi, ma mi sembravano soldi sprecati alle 5 del pomeriggio. Iniziai a cercare una fermata dell’autobus. Nella strada appena fuori casa ce n’era una. Mi avvicinai: niente orari, ma di lì era chiaro dal cartello che passava solo il 20b. Guardai un po’ più avanti: poco distante c’era la Malahide Road, e un sacco di autobus passavano proprio in quel momento.
Mi diressi verso la Malahide per avere qualche possibilità in più di non morire congelata aspettando un autobus che non si sapeva quando sarebbe passato.
Sulla Malahide la fermata era vicina all’incrocio. Mi infilai sotto il riparo ad aspettare. Avevo appena perso un sacco di autobus, li avevo visti passare mentre mi avvicinavo. “Speriamo ne passi uno in fretta”. E mentre lo pensavo, ecco sbucare dalla laterale dalla quale ero appena uscita il 20b. Lo guardai come se avessi visto un fantasma. Si fermò, salii, mi sedetti e iniziai a pensare.
Pensai che anche stavolta il segno era abbastanza chiaro. Non importa quante possibilità uno si dà nella vita, o quante ne perde. Se il nostro autobus è il 20b, sarà quello a passare prima o poi, e non possiamo farci niente, se non salire e vedere dove ci porta. Il 20b è l’autobus della mia vita, è l’autobus del mio presente, che non devo sprecare. Devo riprendere a vivere, senza fretta di strafare, senza l’ansia di essere in ritardo su qualcosa o di arrivare per forza. Piano piano, prendere il mio autobus e andare. Magari un giorno sul mio 20b salirà di nuovo lui, oppure un bello sconosciuto che si siederà al mio fianco e farà il viaggio con me. Non lo so ora, ma il destino lo sa cosa mi aspetta, e io aspetto il suo prossimo segno. Intanto salgo sul 20b.

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