giovedì 18 novembre 2010

Si è rotto... Pace...

Si è rotto. Dopo tre anni, dopo aver pensato che non sarebbe mai successo, si è rotto. Quel braccialetto che una brasiliana, tre anni fa, mi legò al polso chiedendomi di dire una preghiera per ogni nodo sembrava indistruttibile. Le mie tre preghiere erano a breve termine in realtà, quindi pensavo che ormai era inutile che il braccialetto si rompesse perchè o si erano già realizzate, o non sarebbe più servito che si realizzassero. E difatti mi sono anche dimenticata cosa avevo chiesto. Ma una delle tre me la ricordo.
In quel periodo avevo un forte mal di schiena. Avevo avuto una tosse intensa, e i muscoli della schiena avevano finito col dolermi dallo sforzo. Ero nel pieno della sofferenza quando questa ragazza annodò tre volte quel bracciale al mio polso. E il mio primo desiderio fu che mi passasse il mal di schiena. Ovviamente non potevo immaginare che ci avrebbe messo 3 anni a rompersi, perciò il mal di schiena mi passò ben prima che il braccialetto potesse fare il suo effetto. Ma si è rotto adesso. E non ho mal di schiena adesso. Ma una persona a cui tengo molto sì. Che fosse quello il mal di schiena che intendevo all'epoca, senza saperlo?
Ci sono altri due fatti che ricordo di quel periodo. Poco prima avevo conosciuto un ragazzo. Pensavo che sarebbe potuto essere un buon ragazzo per me, ma non ne ero molto convinta. In più, non era da molto che avevo deciso di restare a Dublino in seguito al fallimento del mio esame a Trieste, ma ancora dovevo convincermi che quella era la scelta giusta per me. Ora non vorrei farmi prendere la mano dalla fantasia, o dalla speranza, ma può essere che una delle due preghiere fosse quella di capire chi fosse l'uomo giusto per me, e l'altra di capire che cosa volessi per me in generale, nella mia vita. In pratica, di capire se la scelta di restare a Dublino, a Lufthansa, fosse stata la scelta giusta.
Anche queste preghiere richiedevano una risposta a breve termine, e col tempo dovetti fare le mie considerazioni e le mie scelte a prescindere dall'effetto del braccialetto.
Poi lunedì qualcuno mi ha accusato di avere troppe idee strane per la testa, di viaggi, di spostamenti, di divertimenti, di ostelli, di un sacco di altri sogni più o meno realizzabili. Mi ha accusato di non parlare la sua stessa lingua, di non volere le stesse cose che voleva lui. Allora gli parlai di Suzzolins, della mia casa, quella casa dove ero nata e cresciuta, quella casa che sono anni che dico che un giorno metterò a posto per andare a viverci. Gli spiegai com'era fatta e che idee avevo, che il campo dietro avrebbe potuto essere un frutteto, che le due stanze d'entrata avrebbero potuto essere unite per fare un salotto, che le camere erano tre anche se erano piccole, che mi sarebbe piaciuto metterle verso nord anche se di solito non si fa, ma pensa che bello avere il letto sotto la finestra, svegliarsi la mattina, guardare fuori e vedere il lago...
Quella casa era l'unico sogno che avevo sempre avuto. Ed è vero. Che poi le strade della vita mi abbiano condotto da tutt'altra parte è un discorso diverso. Che io abbia passato tre anni a Dublino e viaggiando per il mondo è stato perchè c'ero io con me stessa, perchè non ho mai dovuto pensare a me e un'altra persona, ma solo a me stessa. E la vita da single a Cordovado non è il massimo. Dublino, per me single, mi ha offerto molto di più. La scelta di restare là tre anni fa non potè essere più giusta. Ma non sono mai riuscita a pensare alla mia vita intera là. Non sono mai riuscita a pensare a una famiglia là.
Ho sempre avuto voglia di una famiglia. Ma cosa vuol dire avere una famiglia? Certo, innanzitutto vuol dire trovare una persona di cui innamorarsi, con cui avere voglia di costruire qualcosa. E poi vuol dire rinuncia.
Ogni cosa nella vita richiede la rinuncia a qualcos'altro. Ci sono persone che rinunciano alla famiglia per il lavoro. Artisti e musicisti spesso la sacrificano per la loro passione. Ma per citare un esempio immaginario, Uma Thurman in Kill Bill dice che era la donna più letale al mondo, ma che ora che era incinta aveva paura per il suo bambino. Lei stava rinunciando al suo essere una killer per un figlio.
Ed io, oggi, ho capito che devo rinunciare a qualcosa. Ho rinunciato a quella casa per anni, a favore di un buon lavoro, di un bell'ambiente, dei miei viaggi, di me stessa. Ma ora, se voglio realizzare quel sogno, devo rinunciare a tutto questo.
Perchè non l'ho fatto prima? Semplice: perchè il sogno di quella casa non è mai stato per me sola. Non ho mai visto il motivo di metterla a posto per viverci da sola. Ma per averci una famiglia e crescerci un figlio, allora acquista un senso.
E' importante la pace, specie per una come me il cui criceto del cervello è iperattivo. Quante idee più o meno strane non ho avuto nel corso degli anni? Diventare scrittrice, diventare viaggiatrice di professione, aprire un Bed&Breakfast in Irlanda, lavorare in una fattoria nell'Outback australiano. Nessuna di queste però si incastrava con quell'idea di mettere a posto la casa di Suzzolins.
Lasciare Dublino deve avere un senso. Rinuncerei a una vita da single a favore di una vita con qualcuno. A Suzzolins, magari, con due buste paga da mille euro o poco più, un mutuo di 25 anni, due cuori e una capanna, una vita semplice, e tanta tanta pace.

2 commenti:

Ellie ha detto...

Cara Skitch, questa sera google ha deciso di indirizzarmi verso il tuo blog, nonostante io stessi cercando tutt'altro. Senza nemmeno accorgermene ho cominciato a leggere, a invadere quasi la tua persona. Mi sembrava percio' scortese non lasciare nemmeno un commento visto che comunque abbiamo in comune storie molto simili e una citta', Dublino. Spero che la rottura del braccialetto ti porti fortuna e che la pace ritrovata duri fino a quando lo vorrai.

Skitch ha detto...

Cara Ellie, grazie per il tuo augurio. Non pensavo che qualcuno leggesse mai queste riflessioni. Questo post è al presente, ma avrei dovuto parlare al condizionale, poichè la mia strada verso la pace è ancora lunga. Ma se la tua storia è simile, spero che la tua pace sia vicina.