mercoledì 25 giugno 2014

La mia vita al mondiale

I mondiali di calcio, come quelli di rugby o le olimpiadi, si svolgono ogni quattro anni. I mondiali di calcio però hanno segnato la mia vita in modo particolare.
Tanto per cominciare sono nata nel 1982, l'anno in cui i mondiali si svolsero in Spagna, ma soprattuto l'anno in cui l'Italia, il mio paese, ha vinto. Poiché avevo solo un mese di vita non ricordo molto, ma data la particolarità della situazione tutte le persone intorno a me hanno ben vividi i ricordi di quell'estate. A partire dalla vicina di casa, che urlava al marito di vergognarsi a vedere la partita a casa nostra, hanno un neonato, cosa vai a fare casino in casa loro. E mia mamma che rispondeva che tanto non cambiava niente, con due uomini in casa (mio papà e mio zio) le urla di esultazione non si sarebbero comunque risparmiate. Pertini, l'allora Presidente della Repubblica, fu il simbolo del tifoso che se ne frega altamente della sua figura ufficiale ed esulta con l'intero pubblico al gol della vittoria.
Nonostante tutti si ricordino di questo mondiale, nessuno mai parla del mondiale successivo, quello del 1986. Forse la gente pensava che fossi ormai abbastanza grande per formulare dei ricordi per conto mio, e mi ricordo difatti di Chernobyl, ma del mondiale non ho proprio memoria. Sarà che l'Italia è uscita agli ottavi e quindi non ne parlava nessuno, ammutoliti dalla vergogna della sconfitta?
Il mondiale del 1990 invece ha un posto nella mia memoria di bambina. Innanzitutto si è svolto in Italia, quindi ovviamente era sulla bocca di tutti. La mascotte ufficiale, una specie di robottino tricolore chiamato Ciao, è stampata su un asciugamano che ancora uso. L'inno ufficiale è una delle poche canzoni che conosco a memoria. Insomma, questo mondiale mi ha dato un sacco di cultura generale, chiamiamola così. Anche se ricordo più che altro mio padre che mi ha ufficialmente chiesto di registrare la cermonia di apertura in TV. Ero l'unica della famiglia a parte lui a capire come funzionasse il videoregistratore, mi aveva perciò promosso a secondo in comando per quando lui non poteva essere presente. Mi ricordo anche la cerimonia di apertura, che guardai mentre la registrai, un sacco di colori in campo. La partita però non me la ricordo proprio. Magari un giorno di questi recupererò la videocassetta per riguardarmela - a quest'ora potrebbe anche avere un valore da collezione.
La prima partita che mi ricordo, e fin troppo bene, è la finale dei mondiali 1994.  Avevo avuto eccezionalmente il permesso di guardare la finale a casa della mia vicina. Dico eccezionalmente perché con il fuso orario la partita iniziava alle dieci di sera, e normalmente a quell'ora dovevo rientrare. Invece passai la serata dalla vicina, con suo padre che aveva comprato una tromba elettrica che appese in giardino e che faceva partire ogni volta che l'Italia segnava un rigore. Peccato che all'ultimo rigore della partita la tromba rimase muta. Fu la prima volta che le emozioni del tifo si fecero sentire, anche se a 12 anni non ero ancora in grado di capirle perfettamente.
A 16 anni già le capivo meglio, e invece di guardare il mondiale a casa della vicina mi incontravo con il mio ragazzo - il primo -  e i suoi amici, e stavolta non seguii solo la finale (che forse è l'unica partita che non ho visto poiché l'Italia nel 1998 è uscita ai quarti), ma tutte le partite, a iniziare dai gironi fino all knock out finale. Credo che la mia tradizione personale di vestirmi di rosso bianco e verde a ogni partita sia nata proprio quell'anno, e per fortuna che l'Italia non ha vinto, poiché mi ero ripromessa di tingermi i capelli col tricolore, con tanto di ciuffo azzurro. Mi accontentai perciò di un semplice ciuffo rosso - a quell'età tutto è consentito.
Durante il disastroso mondiale 2002 già non ero più a scuola, e quell'anno capii che se le partite vengono giocate durante il giorno non sempre si ha tempo di vederle tutte - benvenuti nel magico mondo del lavoro. L'unica cosa che mi ricordo è che mi avevano dato il permesso di portarmi una radio in ufficio per seguire la tragica sconfitta. Tanto in ufficio non c'erano clienti - avevano tutti spostato l'appuntamento a dopo la partita. 
Il mondiale 2006 invece trasmise le partite più importanti la sera, quindi ebbi tutto il tempo per godermele. Era il primo anno che vivevo da sola, in una cittadina diversa da quella dove ero nata e cresciuta, perciò non conoscevo nessuno da invitare a casa e mi godetti le partite al bar, gremito di altri venticinquenni concentrati davanti allo schermo. Mi ricordo il barista, poco prima che iniziassero i rigori della finale, che mi disse "fai qualcosa". Sarà fatto, gli promisi. E così fu. I festeggiamenti durarono fino alle 4 di mattina, e che bello fu potersene stare in giro fino a quell'ora a gioire e fare casino, con la libertà di rientrare quando mi pareva, dormire un paio d'ore e presentarsi assonnata la mattina dopo in ufficio, senza dover rendere conto a nessuno (beh, forse alla capufficio, ma la mia collega mi copriva sempre). L'anno in cui ho visto l'Italia vincere il mondiale era l'anno della mia indipendenza.
Un'indipendenza che nel 2010 mi portò ad attraversare la Russia da sola. E poiché non mi andava di programmare il viaggio della mia vita scandendolo con le partite della nazionale, me ne fregai altamente e non seguii il mondiale per nulla. Abbandonai per una volta quella specie di orologio biologico per dedicarmi a un'esperienza di ben diversa portata. La scelta fu più che giusta, ricordo quell'estate molto meglio degli altri mondiali, ogni volta che ripenso a quello che ho vissuto rivivo emozioni diverse da quelle di un gol ma molto più importanti . Per esempio,  il fatto di addormentarmi ubriaca sulle rive del Volga mi sembra un'esperienza degna di memoria, mentre i gol della semifinale li lascio nella memoria dei russi che si stavano guardando la partita nella dacha lì di fianco.
Ed eccomi al mondiale 2014, contenta che le partite siano la sera così posso godermi le piu importanti comodamente dal divano della casa in cui convivo con il mio futuro marito. Di sicuro non mi sarei mai aspettata di tifare Francia (quando non gioca contro l'Italia, sia ben chiaro), ma per amore posso passare sopra agli screzi dei mondiali precedenti. È incredibile come ogni mondiale rappresenti una tappa importante della mia vita. Il prossimo chissà, magari me lo godrò da mamma. Ma ne riparleremo tra 4 anni. Intanto, forza Italia!*

*NB: l'articolo é stato scritto qualche giorno prima di essere pubblicato :)

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